La Direttiva UE in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare. Il punto di vista dell’AGCM

Lo scorso 23 ottobre 2020, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha svolto alcune considerazioni circa la Direttiva UE n. 2019/633, in fase di attuazione nel nostro ordinamento, in materia di pratiche commerciali scorrette nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare.

Lo scorso 23 ottobre 2020, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha svolto alcune considerazioni circa la Direttiva UE n. 2019/633, in fase di attuazione nel nostro ordinamento, in materia di pratiche commerciali scorrette nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare.

L’AGCM ha espresso piena condivisione circa le finalità della Direttiva, con cui l’Unione Europea ha inteso contrastare le pratiche scorrette – in quanto contrarie ai principi di buona fede – che siano imposte unilateralmente da un partner commerciale alla propria controparte nelle relazioni tra acquirenti e fornitori lungo la filiera agricola e alimentare.

Indice

  1. Direttiva UE 2019/633: breve disamina
  2. Black List e Grey List delle pratiche commerciali sleali
  3. Considerazioni dell’AGCM
  4. Conclusioni

Direttiva UE 2019/633: breve disamina

La filiera agro-agroalimentare è spesso caratterizzata da squilibri di potere contrattuale tra fornitori: ciò può comportare che i partner commerciali di maggiori dimensioni assumano condotte sleali ovvero tentino di applicare condizioni contrattuali inique ai danni dei propri fornitori durante un’operazione di vendita.

Allo scopo di contrastare le pratiche contrarie ai principi di buona fede e correttezza, la Direttiva ha, dunque, definito un elenco minimo di pratiche commerciali sleali vietate “a priori” (black list), nelle relazioni tra acquirenti e fornitori; accanto a queste, l’Autorità ha indicato altre pratiche che possono essere consentite solo se concordate in termini chiari e univoci nell’accordo di fornitura (grey list).

Black List e Grey List delle pratiche commerciali sleali

La Direttiva ha, pertanto, il merito di aver individuato in maniera dettagliata le pratiche commerciali scorrette.
Tra le pratiche sleali vietate (black list) troviamo:

  • le modifiche unilaterali delle condizioni dell’accordo di fornitura da parte dell’acquirente;
  • il rifiuto dell’acquirente di confermare per iscritto un accordo di fornitura nonostante la richiesta espressa del fornitore;
  • le azioni di ritorsione commerciale nei confronti dei fornitori che agiscono nei confronti degli acquirenti per far valere i propri diritti;
  • la richiesta da parte dell’acquirente al fornitore di pagamenti che non siano connessi alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari del fornitore;
  • la richiesta dell’acquirente affinchè il fornitore paghi per il deterioramento o la perdita, di prodotti agricoli e alimentari che si verificano presso i locali dell’acquirente o dopo che tali prodotti siano divenuti di sua proprietà, quando tale deterioramento o perdita non siano stati causati da negligenza o colpa del fornitore.

Rientrano, invece, tra le pratiche suscettibili di essere considerate scorrette, in assenza di accordo (grey list) quelle mediante le quali:

  • l’acquirente restituisce al fornitore prodotti agricoli e alimentari rimasti invenduti, senza corrispondere alcun pagamento per tali prodotti invenduti o per il loro smaltimento;
  • al fornitore è richiesto un pagamento come condizione per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’inserimento in listino dei suoi prodotti agricoli e alimentari, o per la messa a disposizione sul mercato;
  • l’acquirente richiede al fornitore di farsi carico, in toto o in parte, del costo degli sconti sui prodotti agricoli e alimentari venduti dall’acquirente come parte di una promozione;
  • l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi della pubblicità, effettuata dall’acquirente, dei prodotti agricoli e alimentari;
  • l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi del marketing, effettuato dall’acquirente, dei prodotti agricoli e alimentari;
  • l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi del personale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita dei prodotti del fornitore.

La Direttiva, la quale è applicabile ai rapporti contrattuali in cui il fornitore detiene un fatturato non superiore a 350 milioni di euro, affida a ogni Stato membro la designazione di una o più Autorità di Contrasto Nazionali per l’applicazione dei relativi divieti. L’Autorità assumerà anche il ruolo di interlocutore in caso di denuncia, che potrà essere presentata anche in forma anonima da parte del fornitore.

Considerazioni dell’AGCM

Come prima si è detto, l’AGCM lo scorso 23 ottobre si è espressa in merito alle disposizioni contenute nel disegno di legge di delegazione europea 2019 con particolare riferimento alla norma di cui all’art. 7, concernente i principi e criteri direttivi per l’attuazione della direttiva (UE) 2019/633.
L’Autorità ha rilevato, in particolare, come il testo licenziato dalla Commissione Politiche UE del Senato preveda la designazione dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agro-alimentari (“ICQRF”) quale autorità di contrasto ai sensi della Direttiva, mentre attribuisce all’AGCM una competenza residuale, circoscritta all’accertamento delle pratiche non espressamente previste nella Direttiva.
Secondo l’Autorità, quindi, la previsione di due distinte autorità di contrasto delle violazioni (l’ICQRF per quelle previste dalla Direttiva e l’AGCM per le altre) rischia di creare confusione e, dunque, di avere ripercussioni negative sulla rapidità ed efficacia degli interventi. Ragione per cui “l’individuazione di un’unica autorità di contrasto appare costituire” – prosegue l’Autorità – “un’imprescindibile necessità al fine di evitare un rischio concreto di bis in idem nei confronti di eventuali comportamenti illeciti posti in essere dagli operatori di mercato”.

Conclusioni

In conclusione, alla luce dell’attività sinora svolta e dell’esperienza maturata, l’AGCM ha richiesto di essere designata quale unica Autorità di Contrasto incaricata dell’applicazione delle norme di cui alla Direttiva.

Non ci resta, dunque, che attendere per sapere se il legislatore accoglierà o meno la richiesta rivolta dall’AGCM

 

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