
Il 30 luglio scorso è entrato in vigore il D. Lgs. 14 luglio 2020, n. 75, che ha attuato la c.d. Direttiva PIF (Protezione di interessi finanziari). Con essa il legislatore – poco dopo il Decreto Fiscale e la relativa legge di conversione (L. n. 157/2019) – interviene ancora una volta sui reati tributari, introducendo una disciplina finalizzata a contrastare le gravi frodi IVA.
In base alla Direttiva PIF, le frodi IVA sanzionabili si identificano nelle condotte illecite a rilevanza internazionale che comportino un danno di almeno 10 milioni di euro e coinvolgano almeno due Stati membri.
Il Decreto estende il catalogo dei reati tributari che possono generare la responsabilità amministrativa degli Enti ai sensi del D. Lgs. 231/2001. In particolare, nell’ambito delle gravi frodi IVA, è stata introdotta (art. 25 quinquiesdecies, comma 1 bis, D.Lgs. n. 231/2001) la responsabilità dell’Ente per l’ipotesi di:
- Dichiarazione infedele;
- Omessa dichiarazione;
- Indebita compensazione.
Direttiva PIF: sanzioni pecuniarie, interdittive e nuovi reati presupposto
Per quanto concerne il regime sanzionatorio, nell’ipotesi in cui i reati siano stati commessi da parte di un soggetto apicale o subordinato nell’interesse o a vantaggio dell’ente, potranno essere applicate:
- Sanzioni pecuniarie fino a euro 464.700,00 in caso di dichiarazione infedele e fino a euro 619.600,00 per i casi di omessa dichiarazione e indebita compensazione. Le sanzioni potranno essere aumentate di un terzo qualora l’Ente abbia ricavato un profitto di rilevante entità dall’illecito.
- Sanzioni interdittive, quali il divieto di contrattare con la PA, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Il D. Lgs. 75/2020 ha inoltre introdotto nuovi reati presupposto. Si tratta, in particolare, dei delitti di frode nelle pubbliche forniture (richiamato all’art. 24 del D.Lgs. n. 231/2001), nonché dei reati di peculato e abuso d’ufficio (art. 25, D.Lgs. n. 231/2001) e del reato di contrabbando (inserito all’art. 25 sexiesdecies).
L’ampliamento dei reati presupposto di natura tributaria impone agli Enti già dotati di modelli di organizzazione e gestione 231 di adeguare i propri sistemi di controllo affinché essi siano in grado di prevenire la commissione delle ulteriori fattispecie di reato. Per gli Enti ancora privi di tali modelli, sarà necessario attuare un’efficace compliance aziendale per scongiurare la commissione dei reati e l’applicazione delle sanzioni ad essi connesse.
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